Questo è un periodo in cui il tempo per me è ridotto ai minimi storici. Non c'è spazio per le cazzate ispirate.-
eppoi l'ispirazione viene verso di me nei periodi di turbamento. E questo non lo è. Sono serena. Davvero. Per questo non ho nulla da dire.
Essendo che però sono Buona vi tiro fuori le mie vecchie perle. Statemi bene. O anche no.
PICCOLA E ADORABILE STRONZETTA CHE FUI
Che l’uomo non impari dal passato proprio e altrui è cosa tristemente risaputa.
Nel mio caso però non è abbastanza. Nel mio caso è più corretto parlare di vera e propria involuzione.
Quando ero bimbetta ero modestamente una vera e propria adorabile stronzetta: a 6 anni sapevo già come troieggiare a dovere e il mondo mi sorrideva e io sorridevo alle spalle del mondo.
E tutto mi riusciva bene. E facile. Come una favola. E infatti vivevo felice e contenta.
Innanzittutto avevo dei bellissimi capelli lunghi tutti lisci lisci.
Come poi abbiano deciso di sfidare la legge di gravità diventando una massa indefinita e ingestibile di ricci, obbligandomi ad estenuanti e noiose sedute di lisciamento aggressivo dall’amica-parrucchiera Donata non ce lo si spiega.
Eppoi ero una vincente. Altrochepalle.
Il vero momento di gloria sono state le elementari.
Alla gara di atletica tra tutte le classi di tutte le scuole elementari del luogo arrivavo seconda, salivo sul podio con tanto di medaglia al collo, che ho continuato ad indossare per mesi, godendo dell’invidia del compagno spocchioso Giordano che era arrivato ad offrirmi N° 50 biglie in cambio della suddetta medaglia.
Offerta rifiutata.
A ginnastica artistica ero favorita dal mio fisico minuto: altre medaglie e numerosi discussioni tra l’insegnante che voleva portarmi in agonistica e la mamma che “assolutamente non mi sembra il caso”.
A 7 anni la Maestra Edda ci insegnava il verbo avere e quando mettere l’H o no.
Con la mia compagna Tatiana* (che aveva la colpa – oltreché di chiamarsi Tatiana – di avere capelli biondi, essere la più carina della classe e di competere con me le attenzioni del compagno Daniele, oltreché il difetto di essere tanto scema) mi sono dilettata a suggerirle tutto il contrario al compito che ha fatto seguito alla spiegazione.
Ho goduto all’indignazione della Maestra quando l’ha sentita accusarmi di averle suggerito sbagliato: insufficiente e nota di demerito comportamentale. A Tatiana.
Un po’ ho esagerato forse lì. Un vago senso di colpa mi era anche forse venuto.
Ma la soddisfazione era più grande.
E il mio amore per Daniele* più importante. Allora non conoscevo ancora il concetto di "condivisione dello stesso uomo".
A scuola ero brava. E le Maestre Edda e Giuliana spendevano sempre buone parole per me.
Tutto questo solleticava l’orgoglio di mio papà, che raggiungeva il massimo appagamento quando, per farmi entrare in casa, dopo pomeriggi estenuanti a giocar nel cortile condominiale, mi obbligava sadicamente a dirgli correttamente il passato remoto di questo o quel verbo, a mò di parola d’ordine.
E io rispondevo. Correttamente. Che pure studiare mi veniva facile.
Poi vabbè le mie umiliazioni e sconfitte le avevo.
All’epoca volevo essere un maschio, “Invidia del pene” mi pare sia stata chiamata così questa devianza da Freud. Non è una delle più grandi stronzate del XIX secolo. E' tutto vero. E io ne ero affetta in modo abbastanza evidente.
Per questo, quando la mia mamma alla festa di fine 3° elementare mi ha obbligato a mettermi in gonnella io ricordo la mia vergogna e il mio disagio.
Eppoi il trauma: Daniele che mi tira su la gonna e le mie mutandine bianche con cuoricini rossi alla vista di tutti.
Volevo morire.
Mai più ho provato un’umiliazione così profonda.
Epperò non mi sono mica persa in piagnistei o in sterili lamentazioni, no no.
Son corsa dalla Maestra Edda, di cui grazie alle mie capacità scolastiche ero la cocca.
Risultato: il giorno dopo Daniele ha dovuto abbassare i pantaloni davanti a tutta la classe.
Sputtanamento generale. Rivincita presa. Da allora ho dimenticato con facilità Daniele, (meccanismo che poi ho disimparato nel tempo) e ho iniziato a girare mano nella mano con Fabio. Che adorabile stronzina!
Sia chiaro: non ero cattiva. Nulla era gratuito. Ho sempre giocato in difesa (quando sapevo difendermi) o per motivi importanti.
Ero e sono tuttora molto sensibile: all’epoca versavo copiose lacrime per le tristi vicissitudini di BUM BUM IL CAGNOLINO, SIMPATICO E CARINO in cerca della mamma…partiva la sigla e io già lacrimavo inesorabilmente.
Lo stesso per HELLO SPANK, orfanello anche lui, chè il suo papà aveva preso il mare e non era mai tornato. Che stronzo.
Io non facevo preferenze, dividevo la mia commozione per entrambi.
E pensavo che l’inventore delle storie aveva lo stesso sadismo di mio padre coi passati remoti.
O forse era cresciuto orfano pure lui.
Insomma ero carina, educata, gentile, non cattiva prioristicamente (o a prioristicamente, o aprioristicazzi), semplicemente ed efficientemente riuscivo a plasmare le situazioni a mio favore.
Ecco mi piacerebbe ricordare come e quando ho iniziato a disimparare quest’arte.
E’ che io vorrei, davvero, imparare dal passato, ma credo di aver perso la bacchetta magica.
E la favola non regge più.
Che nostalgia. E amarezza.
*NDR1: Tatiana oggi è sempre bella,e sempre bionda e sempre scema e gira sempre con un marito altrettanto bello e innamorato non so se pure altrettanto scemo, che non è Daniele ed è serena.
* NDR2: Daniele invece, dopo l'apripista delle mie bianche a cuoricini rossi, non ha più smesso di interessarsi alle mutandine delle femmine. E a quello che ci sta sotto. E continua a farne ampia e variegata collezione.