venerdì 21 maggio 2010

Forse gli italiani leggono pochi libri perchè sono troppo impegnati a scriverli e poi pubblicizzarli sulla rete.
Ora delle due una, o sono troppo fica io che mi imbatto sempre in persone di un certo spessore, il che in effetti sarebbe assolutamente verosimile, oppure il velinismo ormai ha sconfinato ovunque.
Fatemi il piacere.

giovedì 20 maggio 2010

La prima volta che ho visto Firenze è stato durante una gita scolastica ai tempi di liceo.
A Firenze c’è stata la mia prima canna, la mia prima sbronza storica, la prima uscita notturna di gruppo e tante risate. Ricordo che mentre la visitavamo io pensavo che era bellissima, e perfetta in quel concentrato di bellezza che quasi metteva soggezione. Da Firenze quella volta mi ero portata via un bagaglio enorme di ricordi piacevoli e una consapevolezza inspiegabile ma chiaramente percettibile che io lì ci sarei tornata. Non era solo la bellezza evidente della città ad attirarmi. Non era quello. Era uno stare bene che avevo provato sotto il cielo fiorentino. Un senso ingiustificabile con la ragione di familiarità e appartenenza.

La seconda volta è stata come un’altra prima volta. E’ stato per incontrare il tuo cugino.
Evidentemente quel giorno, quel weekend, è stato per me una svolta rivoluzionaria della mia vita.
Ancora una volta ho sentito quel qualcosa di misterioso e ancestrale che mi ha legato a lui da subito. Come se ci conoscessimo da sempre. Come se tenerci per mano quando ancora nemmeno ci si conosceva fosse la cosa più normale del mondo. Come se lui mi fosse familiare. Come se tutto all’improvviso parlando con lui o anche stando in silenzio tornasse nel giusto ordine. Come se non potesse essere altrimenti che lui, che così, che in quel momento, come se non fosse mai esistito un prima. E’ stato tutto così eccezionale e normale allo stesso tempo quella seconda prima volta a Firenze. A Firenze appunto. Ora capisco che non poteva essere altrove.
Io non credo alle coincidenze. Credo piuttosto a segnali che non siamo in grado di interpretare. per questo spesso li ignoriamo. Io li chiamo segnali magici. Ci credo e credo non siano mai per caso.
Il mio segnale magico ha il nome di tuo cugino che continua a darmeli ogni giorno in crescendo e di Firenze.

Poi sei arrivata tu. Con tutto il tuo mondo. E la bellezza si è allargata. Io credo che la bellezza porti bellezza. E tu sei una grande portatrice di bellezza.
Io di te penso che hai la bellezza di chi è felice ed è quindi in grado di far star bene.
In questi mesi in cui ho iniziato a conoscerti ho notato con ammirazione la dedizione che metti nelle relazioni con le persone che ti stanno a cuore. Ho notato l’importanza che tu hai per la tua famiglia e per i tuoi amici. Perché tu sai esserci per tutti. Col tuo dare sempre consigli, con il tuo dare sempre aiuto. Anche se l’aiuto a volte è dire che così non va mica bene.
Ricordo la prima volta che ci hai invitati a casa tua: una casa meravigliosa ai miei occhi, piena di colori, libri, cuscini e di un affetto che si sente appena si apre la porta. e tu, una padrona di casa tutta sorrisi, occhioni, attenzioni, calore. E mi sono sentita accolta.
E ho pensato che si, erano iniziati i giorni sereni per me. Sereni e belli. Grazie alle serate belle che solo tu sai organizzare. A volte serate di svaccamento totale su sedie e divano, fatte di chiacchiere leggere, e dibattiti semi-seri e animati, di vino e cibo e giochi, di progetti condivisi.
E io che quando ci sono queste serate c’è sempre qualche attimo in cui mi estraneo e vi osservo e mi osservo in mezzo a voi. E ogni volta lo stesso pensiero, che siete bellissimi, che le tue serate fanno bene al cuore, che alla fine tutto quello che tu offri amicizia, calore ed ospitalità è tutto quello che serve.
E quando torno a milano dopo mi porto sempre dietro un sacco di cose belle, di affetto, di serenità. quella che ogni volta mi date. Cerco di farne il pieno per goderne il più possibile nei giorni milanesi.
Oggi è il tuo compleanno e quello che io ti auguro è che tutta la bellezza che tu distribuisci e che ho provato a descriverti ti circondi sempre e ti torni indietro. A dirla tutta non ho molto di augurarti. Fossi tu un'altra persona ti augurerei di diventare la persona che sei già. Io credo fermamente che chi, e solo chi, sta bene riesce a fare del bene, e tu ne fai. Evidentemente perchè hai tanto bene dentro.
Oggi è il tuo compleanno e c'è il sole e un cielo azzurro perfino qui che Milano manco se lo ricordava un cielo così. Oggi è il tuo compleanno e ho avuto una notizia bella. E tutto questo non è un caso per niente.
AUGURI AZZU!

martedì 18 maggio 2010

Ho capito che semplicità e felicità vanno sempre a braccetto.
Alla semplicità si arriva attraverso un’opportuna e severa selezione: delle priorità, delle possibilità, dei modi in cui utilizzare il tempo, delle persone cui si sceglie di accompagnarsi.
In pratica bisogna scegliere. Per togliere.
E’ il superfluo che troppo spesso occupa la stragrande maggioranza del tempo, a intossicarci. Facendoci perdere di vista l’essenziale. In fondo basterebbe un piatto saporito, un bicchiere di vino, un animale da amare. Il tutto condiviso con la persona che ami. E' tutto lì.
Qualcuno un giorno ha detto al mio fidanzato che un uomo nella vita dovrebbe scrivere un libro, piantare un albero e fare un figlio. Per realizzare l’esperienza della Felicità. Tutto il resto è solo contorno. Beh io credo che quest’uomo abbia capito un bel po’ di cose.

E’ necessario togliere per fare spazio. Alle cose e alle persone (poche) cui, tra quelle che pensiamo meritare per davvero, decidiamo di investire. L’intensità e la qualità delle relazioni sono inversamente proporzionali al numero di persone con cui interagiamo. E’ matematicamente impossibile avere tanti amici senza perderci in intensità e qualità.
L’amicizia, come l’amore, come ogni rapporto, va curato giorno per giorno, bisogna investirci tempo, attenzione, interesse, raccogliere le energie per affrontare i periodi un po’ così per costruire quell’intensità che diventa esclusiva e che ti porta alla felicità.
Anche il tradimento non è solo meschino e doloroso per chi lo riceve. Ho sempre pensato che fosse in primo luogo un enorme passo indietro verso la felicità per chi lo compie. Una incapacità a vivere in definitiva.
La felicità è una scelta. La più difficile. E un lavoro. Credo il più faticoso. La felicità non è mai un dono o una fortuna o peggio ancora un miracolo.